Il 19 ottobre 2017, l’astronauta Paolo Nespoli scattò una foto dallo Spazio mentre era in orbita attorno alla Terra. “La Pianura Padana qualche ora fa: nebbia o smog?” chiosò, evidenziando una sorta di tettoia di aria stagnante che copriva un’area molto vasta: da Torino all’Adriatico, Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Friuli e Veneto.
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Cosa sta succedendo in questa zona d’Italia?
Stando ai dati raccolti nel corso degli anni dall’European Environment Agency (EEA) e facendo riferimento all’ultimo biennio, emerge un dato allarmante: il 96% della popolazione europea è esposta a livelli di inquinamento dell’aria molto superiori ai limiti stabiliti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Facendo, invece, riferimento ad un arco temporale più ampio (dal 2005 ad oggi) si notano dei miglioramenti, ma non sono ancora sufficienti per far rientrare l’allarme e per tutelare la salute dei cittadini.
Nel nostro Paese, come in altri Paesi dell’Europa centro-orientale, la percentuale più consistente di emissioni nocive deriva dai sistemi di riscaldamento delle abitazioni private, degli uffici pubblici e delle attività commerciali; il 44% è affidato alla presenza nell’aria di PM10 e il 58% riguarda la presenza di PM 2.5.
Inoltre, in Europa i livelli di azoto hanno superato i massimi consentiti del 75% anche se, da un confronto con i dati del 2005, si registra una diminuzione pari al 12%.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’inquinamento dell’aria causa ogni anno la morte prematura di almeno 3 milioni di persone per malattie che aggrediscono i polmoni, l’apparato cardiovascolare e immunitario.
Negli ultimi anni, la situazione in Europa è leggermente migliorata, ma il problema dell’inquinamento atmosferico è ben lontano dall’essere definitivamente risolto.
Cosa succede in Pianura Padana?
L’ultimo report sulla qualità dell’aria dell’European Environment Agency mostra livelli allarmanti di inquinamento della Pianura Padana e del nord Italia.
La Pianura Padana è un’area molto industrializzata, ciò che basterebbe ad allarmare e a spingere privato e pubblico all’adozione di politiche e di strategie green ed ecosostenibili.
Ci sono, tuttavia, ulteriori condizioni che contribuiscono ad aggravare ulteriormente il problema dell’inquinamento e che creano un netto distacco, in negativo si intende, con altre città ugualmente industrializzate:
- conformazione geografica;
- condizioni metereologiche;
- scarsa ventilazione.

Quota della popolazione urbana dell’UE esposta a concentrazioni di inquinanti atmosferici superiori agli standard dell’UE e alle linee guida dell’OMS nel 2020. (Fonte EEA)
Oltre alla pericolosità di agenti inquinanti e polveri sottili, l’alta concentrazione di PM10, PM2,5, diossido di zolfo e azoto, monossido di carbonio e benzopirene stanno incidendo sulla qualità della vita anche in zone lontani dai grandi agglomerati urbani la cui qualità dell’aria dovrebbe essere migliore.
Per questo, aree come Brescia, Bergamo, Cremona, Monza e Vicenza, da diversi anni, si classificano ai primi posti per peggiore qualità dell’aria e per superare con una costanza disarmante i limiti (10 microgrammi per metro cubo) della concentrazione di polveri sottili fissati ed imposti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Negli ultimi anni, inoltre, i cambiamenti climatici, le scarse piogge e le belle giornate anche nei mesi invernali hanno contribuito ad aggravare una situazione già di per sé complessa e molto delicata.
Principali fattori di inquinamento in Italia e in Europa
Dal 2005 al 2020, le emissioni degli inquinanti atmosferici nei Paesi europei sono diminuite, senza arrecare alcun danno al PIL che, anzi, è aumentato.
Nel 2020, la principale fonte di particolato è stato il consumo di energia residenziale, istituzionale e commerciale.
Altre cause dell’inquinamento atmosferico sono:
- L’agricoltura
Principale fonte di ammoniaca e metano nel 2020, responsabili rispettivamente del 94% e del 95% delle emissioni totali. Nell’arco temporale in analisi, le emissioni di ammoniaca sono diminuite dell’8%; - Il trasporto su strada
Fonte principale di ossido d’azoto, responsabile del 37% delle emissioni totali. Confrontando i dati con quelli relativi al 2005, si nota una diminuzione pari al 48%; - L’approvvigionamento energetico
Fonte di anidride solforosa, responsabile del 41% delle emissioni nel 2020. Le emissioni, sempre nel periodo tra il 2005 e il 2020, sono diminuite del 79%; - Le industrie manifatturiere ed il settore energetico sono state le principali fonti di emissioni di metalli pesanti. Le maggiori riduzioni registrate riguardano l’arsenico (62%) e il nichel (64%).
La valutazione preparata e presentata dall’Agenzia Europea dell’Ambiente parte dall’analisi attenta dei dati ricavati dal monitoraggio e si focalizza sulle cause dell’inquinamento in modo trasversale: dalla produzione ai consumi, dallo stato di salute dei cittadini e degli ecosistemi.
L’inquinamento atmosferico è da annoverare tra le principali cause di malattie e decessi prematuri, in particolar modo tra i bambini e gli anziani; inoltre, è tra le cinque minacce più pericolose per la biodiversità.
Per queste ragioni, ridurre l’inquinamento è necessario, per poter tutelare la salute dei cittadini.
Nell’anno 2020, il 96% della popolazione è stata esposta a livelli di particolato fine superiori alle linee guide stabilite dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Nel 2021 sono stati oltre 230.000 i cittadini che hanno perso prematuramente la vita a causa di malattie dovute all’alto tasso di inquinamento, mentre molti altri cittadini vivono e convivono con le malattie che causano sofferenze fisiche e personali e richiedono significative spese per potersi curare.
L’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA) presenta annualmente delle valutazioni in merito alle emissioni e alla concentrazione di agenti inquinanti atmosferici nell’aria in Europa, analizzando anche gli impatti e le ripercussioni sulla salute e sull’ambiente.
Anche per il loro ruolo a supporto di agenzie pubbliche nazionali e sovranazionali, gli attori dell’innovazione tecnologica e della sostenibilità saranno strategici nei prossimi anni.
Unione Europea: obiettivo zero inquinamento

Nell’ottobre 2022, la Commissione Europea ha reso nota una proposta di revisione delle Direttive sulla qualità dell’aria e dell’ambiente, i cui punti principali sono:
- Stabilire soglie per l’inquinamento molto più severe ed in linea con i nuovi limiti fissati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità;
- Rafforzare le norme per il monitoraggio della qualità dell’aria, a sostegno di azioni preventive ed interventi mirati ed efficaci;
- Attuare campagne informative rivolte ai singoli cittadini ed ai decisori pubblici, al fine di aumentare la consapevolezza e la conoscenza del problema dell’inquinamento atmosferico e delle soluzioni per porvi rimedio e tutelare il diritto all’aria pulita.
Dopo il Green Deal, l’impegno europeo per migliorare la qualità dell’aria e per armonizzare le norme europee alle indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità è stato ribadito e confermato nel Piano d’Azione per l’Inquinamento Zero, che fissa entro il 2050 la riduzione dell’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo, sino a raggiungere livelli considerati meno dannosi per la salute dell’essere umano e dell’intero ecosistema.
È anche importante sottolineare che maggiori e più stringenti norme sulla qualità dell’aria potrebbero contribuire al raggiungimento gli obiettivi del Piano Europeo di Lotta contro il Cancro. L’inquinamento atmosferico, infatti, è una delle cause del cancro in Europa, che prevalentemente colpisce il polmone.
Il problema delle malattie e decessi da aria cattiva è naturalmente un altro tema decisivo e non omogeneo nelle varie zone del vecchio continente (si passa da un’incidenza del 5-6% del nord Europa fino ad un drammatico 14% nei Paesi dell’Europa centrale e meridionale), comunque inevitabilmente collegato alle pessime condizioni atmosferiche.
L’edilizia: tra i settori più inquinanti
Il rapporto della Global Alliance for Building and Construction conferma che l’edilizia rientra nella lista dei settori più dannosi e pericolosi per la salute dell’ambiente.

Lo studio presenta due dati che devono far riflettere: il 37% dell’emissione di CO2 legate all’energia ed il 36% del consumo globale di energia elettrica sono emessi da edifici.
Le strutture abitative ed i capannoni industriali sono responsabili, sin dalla costruzione, dell’11% delle emissioni globali di CO2. Nel corso della vita della struttura edilizia, bisogna aggiungere il consumo di energia elettrica, le dispersioni di energia, il riscaldamento, la climatizzazione, l’illuminazione che contribuiscono ad innalzare ulteriormente il livello di inquinamento.
In questo quadro particolarmente grigio, uno spiraglio di luce potrebbe provenire da soluzioni alternative e tecnologiche, per avvicinarsi all’obiettivo Zero Emissioni.
Affinché ciò avvenga, è necessario stravolgere e cambiare tutti i processi relativi al mondo delle costruzioni.
Il patrimonio edilizio italiano – come emerso dal Rapporto annuale sulla certificazione energetica degli edifici – è datato e dal punto di vista energetico anche poco efficiente.
Sono stati analizzati oltre 1,3 milioni di immobili edificati prima del 1991 e della legge 10/91 ed è emerso che soltanto il 3% degli APE (Attestazione di Prestazione Energetica) riguarda nuove costruzioni, il 4% è riferito alla riqualificazione e meno del 2,5% alle ristrutturazioni importanti.
Sono ancora troppi gli edifici che appartengono alle classi energetiche più basse ed energivore (F e G), anche se nel 2020 e nel 2021 la percentuale degli immobili più inquinanti si è leggermente abbassata (circa il 2%), in favore delle classi C e E e delle classi A4 e B.
Da questi dati emerge l’urgenza di rendere più sostenibili oltre 1 milione di immobili ed edifici residenziali, entro il 2030.
Unione Europea e Stati, come noto, hanno avviato pacchetti di riforme per la transizione ecologica. In breve, il 15% del patrimonio edilizio non residenziale in classe G dovrebbe passare in classe F entro il 2027, mentre l’adeguamento degli edifici residenziali dovrebbe avvenire entro il 2030. A partire dal 2028, gli edifici pubblici di nuova costruzione dovrebbero presentare e rispettare una pianificazione a emissioni zero, mentre per gli edifici privati l’obbligo dovrebbe scattare dal 2030.
Come spesso accade, le linee guida saranno generali.
Ciascuno Stato potrà scegliere la miglior strada da perseguire, a seconda delle condizioni del Paese, per raggiungere l’obiettivo comune: zero emissioni entro il 2050.